Vi riportiamo un interessante articolo sulla fuga dei cervelli dall'Italia apparso su "Europa e Mediterraneo" n.47 del 6/12/11 curato da
Euromed Carrefour Sicilia – Antenna Europe Direct, PALERMO
Non è solo una questione di prestigio, o di immagine. I ricercatori italiani
che sempre più numerosi fuggono dal Belpaese in cerca di un lavoro e
di una paga dignitosa, commisurata al loro sapere, creano indirettamente
un danno economico al sistema Italia di circa 1 miliardo di euro l'anno,
cifra generata dai 243 brevetti che i nostri migliori 50 cervelli in fuga producono
all'estero. Un valore che proiettato a 20 anni arriva a toccare
addirittura quota 3 miliardi di euro. È questo il costo della '“fuga dei cervelli”
che il nostro Paese paga in termini di mancata ricchezza, calcolato
da uno studio dell'Istituto per la Competitività (I-Com) e presentato questa
mattina al Senato dalla fondazione Lilly.
Secondo lo studio dell'I-Com solo nell'ultimo anno sono stati brevettate 8
scoperte dai 20 migliori ricercatori italiani fuori dal suolo nazionale come
autori principali, per un valore di 49 milioni di euro (115 milioni tra 20
anni). Ma se si considera la totalità dei brevetti a cui i nostri 20 «top cervelli
fuggiti» hanno contribuito come membri del team di lavoro, i brevetti
solo nell'ultimo anno salgono a 66, per un valore pari a 334 milioni di
euro (782 tra 20 anni).
Numeri che dovrebbero far riflettere, soprattutto se comparati alla ristrettezza
dei finanziamenti legati alla ricerca. Nel 2000 la percentuale destinata
alla ricerca era pari all'1,1% e nel 2011, ovvero dieci anni dopo, si
registrano pochissimi progressi, considerato che il valore oscilla tra
l'1,1% e l'1,3%, suddiviso in 0,6% da fondi pubblici e 0,5% da privati. Ma
le note dolenti non si fermano ai fondi. Lo studio evidenzia infatti che in
Italia manca anche un'organizzazione centrale in grado di seguire il destino
dei finanziamenti e questa assenza impedisce che i fondi vengano
raccolti e distribuiti secondo criteri meritocratici. In questo modo le risorse
si perdono in mille progetti senza essere convogliati nei centri
«incubatori di idee», parchi scientifici e campus di ricerca, che stanno
invece fiorendo nei paesi più avanzati. Eppure, nonostante tutto, i nostri
ricercatori rimangono tra i migliori, presenti nel top 1% delle ricerche più
citate nel mondo. E a farsi strada sono soprattutto le donne, il cui numero
nella lista dei 50 migliori ricercatori italiani al mondo
è raddoppiato nell'ultimo anno.
Anche se è ancora scarsa la presenza femminile nel ruolo
di team leader o detentrice di brevetto.
Su 371 brevetti prodotti dai 20 migliori ricercatori italiani all'estero, in 225
progetti (il 65%) hanno lavorato ricercatrici nel team di studio, mentre
solo 16 hanno avuto come autore principale una donna.
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